Pubblicato il position paper di ISDE sulle PFAS
Pubblicato il 14 Maggio 2019
La Regione Veneto continua a prorogare gli interventi necessari e non realizza gli studi necessari per capire se c’è stato danno alla salute della popolazione
Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono ampiamente utilizzate in molteplici prodotti industriali come lubrificanti, emulsionatori fotografici, pitture, schiume anti-incendio, imballaggi alimentari. L’uomo è esposto principalmente alle PFAS tramite assunzione di alimenti e acqua contaminati, oltre che attraverso l’ingestione di polveri domestiche.
Per le PFAS, come per molte altre sostanze tossiche e cancerogene, non è ancora stato identificato un livello minimo di concentrazione, nelle acque a uso umano come nelle altre matrici fondamentali per la vita, che possa essere considerato innocuo in termini sanitari.
Tale evidenza scientifica assume particolare rilievo per le fasce di popolazione maggiormente a rischio (età pediatrica e gravidanza) ed esposte cronicamente, anche considerando le conseguenze del bioaccumulo e le inevitabili interazioni con altre sostanze inquinanti presenti nelle matrici ambientali.
Pertanto, nel rispetto dei principi di precauzione e di prevenzione e indipendentemente dai limiti imposti dalla legge, la concentrazione di PFAS nelle acque dovrebbe tendere a zero. Negli ultimi giorni, invece, sono giunte notizie circa il ritrovamento di PFAS di nuova generazione nel fiume Po, dopo averle trovate nelle acque di falda attorno allo stabilimento di Trissino (VI), che nel 2014, a scandalo PFAS già scoppiato, fu autorizzato proprio dalla Regione Veneto governata da Zaia a recuperare il GenX dai rifiuti provenienti dallo stabilimento olandese della Dupont.
La Regione Veneto, invece, nonostante gli appelli del Presidente Zaia affinché si intervenga sul piano nazionale, ha chiesto una proroga di un anno per la costruzione di nuovi acquedotti.
Una proroga, per noi, inaccettabile.
Non solo i lavori per la costruzione di nuovi acquedotti procedono con enorme ritardo tanto da dover chiedere una proroga, ma non si è mai avviato studi epidemiologici adeguati che possano stabilire se c’è stato o meno danno alla salute.
Il Presidente Zaia, prima di chiedere interventi nazionali, inizi con l’assicurare a tutti i cittadini della sua regione acqua priva di PFAS, non solo a quelli della zona rossa.
Per questo l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente- ISDE ha pubblicato un position paper scientifico che spiega cosa sono i PFAS, quali danni alla salute causa e, nello specifico, quali azioni le Istituzioni del veneto dovrebbero attuare.
Occorre, infatti, mettere in atto tutte le azioni efficaci per garantire, da subito, acque salubri e pulite alle Comunità esposte e nel rispetto del principio di prevenzione primaria, evitando in ogni modo (eventualmente anche con specifiche disposizioni legislative) la stessa produzione di queste sostanze tossiche per l’ambiente e per la salute umana e la loro potenziale immissione nell’ambiente.
Tali misure devono essere considerate le uniche in grado di ridurre il livello di rischio per la salute pubblica e di evitare un ulteriore aggravamento della già critica situazione esistente.