Panizza ( ISDE Brescia) su coronavirus e inquinamento atmosferico


Pubblicato il 20 Marzo 2020

Fa un certo rumore uno “studio” nel quale gli autori avanzano l’ipotesi che la diffusione del Coronavirus sia correlato all’andamento dell’inquinamento atmosferico.

L’ipotesi sembra fantasiosa e la letteratura citata dagli estensori non tratta del problema specifico, cioè quello che essi avanzano come ipotesi, che il particolato è un veicolo del virus e quindi concausa della sua diffusione come di altre infezioni da virus che producono malattie dell’apparato respiratorio. Le “prove” in tal senso esposte nel documento sono, come minimo, vaghe.

Certo, è ben noto che l’inquinamento atmosferico interagisce con altre cause di malattia dell’apparato respiratorio ma non vi sono prove che sia il veicolo che favorisce la diffusione del contagio.

Del resto, dati alla mano, i casi di Coronavirus aumentano mentre l’inquinamento atmosferico a Brescia (e non solo) dal 26 febbraio è quasi dimezzato (in assenza di pioggia!) rispetto allo stesso periodo del 2019, e ancor di  più nel confronto con gli anni precedenti. Questo dato ha certamente un effetto diretto sullo stato di salute.

Una tale ipotesi fa il paio con l’assunto che la disinfezione delle strade, cosa che parrebbe praticata in alcuni Comuni, sia una misura utile a debellare il virus mentre semmai contribuisce a inquinare ulteriormente l’ambiente.

Piuttosto nella attuale contingenza, l’accento va posto con forza sulle misure urgenti per tappare le falle del “sistema” sanitario evidentemente impreparato.

Misure che sono innanzitutto lo stare a casa per evitare contatti che diffondono il virus, eseguire tamponi mirati ad individuare casi che possono essere veicoli della diffusione, in particolare agli operatori sanitari come dice OMS, e nel caso di positività applicare misure di quarantena anche per operatori sanitari ed ovviamente a questi fornire i dispositivi protettivi idonei.

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