I medici per l’ambiente chiedono di ripensare le Olimpiadi invernali Milano-Cortina


Pubblicato il 11 Agosto 2022

Si può ancora pensare di fare le Olimpiadi mentre i ghiacciai si sciolgono e la neve non cade più, perpetrando gli stessi comportamenti che ci hanno portato a questo disastro?

Le Olimpiadi 2026 avranno un impatto negativo sull’evoluzione della crisi climatico-ambientale che si sta manifestando a livello globale e locale con una accelerazione drammatica.

Il buon senso obbliga a un atto di responsabilità e di ripensamento circa la natura del progetto.

Le gravi alterazioni dell’ecosfera (ecosistemi, clima, biodiversità, suolo etc.) innescano dinamiche secondarie che accelerano il processo degenerativo globale a tutti i livelli, come evidenziato dagli eventi estremi di questi ultimi mesi.

I fenomeni che stiamo osservando (siccità, ondate di calore, crollo dei volumi dei ghiacciai, alluvioni, frane, tempeste come quella di Vaia etc.) hanno una chiara origine antropogenica e mostrano i loro effetti devastanti sulle dinamiche ecologiche e sulla salute umana, sia su scala locale sia su scala planetaria.

La manifestazione più eclatante è stata la disastrosa tragedia della Marmolada, che ha provocato 11 vittime tra morti e dispersi, ma il quadro degli eventi estremi che dobbiamo mettere in conto per il futuro è ancora più grave.

Come ha scritto Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana:

“La dura lezione che traiamo dalla Marmolada è dunque che il progredire del riscaldamento globale con condizioni sempre più inedite per l’alta montagna, trasforma anche ghiacciai ritenuti stabili in nuove zone a rischio”.

La funzione sociale e ambientale della montagna va salvaguardata con misure di adattamento e con un diverso modo di concepire il turismo, che può e deve essere promosso tramite iniziative prive di impatto ambientale e in grado di garantire l’economia delle aree interne e dei borghi che ospitano un’inestimabile ricchezza storica e culturale.

Manca ancora una cultura del rischio, della resilienza e della sostenibilità, malgrado queste parole abbiano congestionato il dibattito politico e le pagine dei giornali di questi ultimi tempi.

Eppure il cambiamento climatico sta già incidendo sulla salute della popolazione sia in Italia che in altri paesi, con una media annua di quasi 100 milioni di giorni-persona in più di esposizione alle ondate di caldo nei soggetti di età superiore ai 65 anni nel 2010-2020 rispetto al 1986-2005  e la mortalità correlata al caldo  nelle persone di età superiore ai 65 anni è aumentata raggiungendo la cifra record di quasi 345.000 decessi nel 2019, l’80,6% in più rispetto alla media del periodo 2000-2005.

Gli impianti per l’industria dello sci rischiano di modificare irreversibilmente il paesaggio e di produrre effetti e costi incalcolabili a medio e lungo termine. Basti pensare ai giganteschi consumi di acqua e di energia necessari per l’innevamento artificiale. Anche l’aumento delle opere edilizie e dei servizi per i turisti della stagione sciistica produce danni diretti, come l’erosione del suolo, che si sommano a quelli indiretti, come l’urbanizzazione e il traffico.

ISDE ritiene indispensabile che gli interventi siano limitati alla manutenzione di infrastrutture esistenti e che nessuna nuova opera sia realizzata, facendo prevalere una prospettiva di ripensamento della fruizione, del valore e della conservazione della montagna.

Questa è la sola condizione che può rendere accettabile la decisione di ospitare le Olimpiadi invernali del 2026 in un territorio di immenso pregio ecologico, storico e culturale come le Alpi.

A questo scopo si rendono necessarie la trasparenza più assoluta e la partecipazione di tutti gli stakeholder e dei cittadini su ogni decisione relativa all’uso del territorio connessa con i programmi Milano-Cortina 2026.

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