Falde inquinate: chi beve quell’acqua? ISDE e i comitati chiedono maggiori controlli
Pubblicato il 26 Novembre 2019
Un territorio pieno di veleni. Da 40 anni. Un problema irrisolto che ciclicamente torna alla ribalta, ma che non ha ancora trovato una soluzione.. La Sogesid SpA che opera per conto del Ministero dell’Ambiente e la direzione della Regione Toscana, ha completato – solo di recente – un primo lavoro di analisi delle falde ed analisi dei pozzi della zona industriale ritrovando in varia concentrazione sostanze chimiche potenzialmente pericolose, lasciate in eredità dagli insediamenti industriali che si sono succeduti in oltre quaranta anni. Pochi giorni fa Il Tirreno ha pubblicato un servizio in cui si racconta che in zona industriale dai rubinetti della cucina e dai bagni di un centro di accoglienza che ospita trenta persone – e diversi bambini – usciva acqua piena di sostanze cancerogene. Le concentrazioni riscontrate sono sbalorditive. Dal rubinetto del centro di accoglienza veniva fuori un’acqua con una concentrazione di tetracloroetilene – sostanza vietata in California per dire – pari a 150 microgrammi per litro. Il limite di legge è di 1,1 microgrammi per litro.
Parte da quest’ultimo episodio il coordinamento dei comitati e delle associazioni per la depurazione, le bonifiche e la ripubblicizzazione del servizio idrico composto da: associazione per i Diritti dei Cittadini ADiC, comitato Acqua alla gola , comitato Salute e Ambiente di Massa Carrara , associazione Phoenix Cinematografica, forum toscano dei Movimenti per l’Acqua, Movimento Consumatori Nazionale, Movimento Consumatori Toscana, per ricordare che esistono delle ordinanze di divieto da parte dei Comuni, relativamente al perimetro del Sin dove l’acqua non può essere utilizzata né per uso alimentare e igenico. «La assessora all’ambiente di Carrara Sarah Scaletti, – dice Clara Gonnelli per conto del coordinamento – ha definito questo episodio “un caso non direi raro ma unico”. Ma noi ci domandiamo: siamo sicuri che tutti gli edifici, i capannoni, le aziende, che gravitano nella zonaSin Sir siano tutti collegati con l’acquedotto e non utilizzino invece per un motivo o per un altro acque di falda?»
Il coordinamento per le bonifiche parla poi delle dichiarazioni delle segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil che asseriscono che le “bonifiche sono fallite e le falde avvelenate”: «Ci auguriamo che questa sia una vera autocritica e che gli errori fatti in passato non si ripetano perché le contrapposizioni tra chi lotta per il diritto al lavoro e chi lo fa per il diritto alla salute e per un ambiente sano, non possono e non devono esistere. La storia emblematica della ex Farmoplant(e non solo quella) e del Arcelor Mittal oggi ce lo insegnano», è il commento.
Sui temi ambientali e sui rischi per la salute legati alle mancate bonifiche interviene la sezione Isde (l’associazione dei medici per l’ambiente) Massa e Carrara con Alberto Rutili e Gioacchino Cancemi. I quali parlano, in primis, di carenza di dati e informazioni: «Il Registro Tumori, nonostante gli allarmi noti da decenni a causa della presenza del Sin è ancora in fase embrionaria. Altrettanto si può dire del Fascicolo Sanitario Elettronico, uno strumento dalle potenzialità straordinarie, ancora sconosciuto ai cittadini e ai medici che dovrebbero usarlo anche con collegamenti al Registro Tumori tali da consentire accurati studi epidemiologici. I dati sui quali tuttora si preparano Piani di Salute si basano infatti sui dati del 2015, cosa difficilmente comprensibile al tempo attuale, in cui l’elettronica è così presente nella vita di tutti i giorni».
Le criticità sanitarie ambiente-collegate sono molteplici, rimarcano i due esperti: «Oltre l’aumento dei tumori e malattie croniche dell’apparato respiratorio, cardiocircolatorio, digerente e fegato, in parte riferibile all’ambiente di lavoro e allo stile di vita, c’è da sottolineare la notevole incidenza anche nelle età infantili. Da precisare anzi che mentre si assiste ad una riduzione negli adulti, si vede un aumento costante nei bambini, che, ovviamente, non può essere imputato agli “stili di vita“ ma a fattori ambientali. E i problemi ambientali di questi territori sono tanti: i residui tossici dell’industria chimica, l’inquinamento delle acque di sorgenti e fiumi dalle cave e il problema del trasporto, l’inquinamento da traffico da autostrada e da porto.
L’Isde raccomanda quindi alle istituzioni una «accurata valutazione del quadro conoscitivo sanitario nella elaborazione dei Piani Urbanistici, del Rumore e soprattutto interventi di bonifica urgenti nelle aree note. Questo infatti costituisce la vera prevenzione primaria assieme agli insegnamenti alla popolazione, specialmente nelle età scolastiche, ad adottare giusti stili di vita, senza fumo, con giusto cibo e bevande.
Fonte: Il Tirreno