Rifiuti, finalmente al ministro arriva la richiesta di tracciabilità. Vuol dire che avevamo ragione


Pubblicato il 5 Giugno 2019

La tracciabilità certa e non cartacea dei rifiuti, che costituisce ancora oggi la mai repressa truffa del “giro bolla” inventata dai camorristi casalesi – e soprattutto dei rifiuti speciali industriali e tossici – è da sempre il punto essenziale per la concreta tutela della salute pubblica dal danno provocato dallo scorretto smaltimento di ormai decine di milioni di tonnellate di rifiuti industriali, in buona parte altamente tossici, prodotti in regime dievasione fiscale e quindi smaltiti illegalmente in tutta Italia, non solo in Campania.

Prendo quindi atto con grande soddisfazione che questa sia oggi posta come prima richiesta al ministro dell’Ambiente Sergio Costaanche da parte di tutti i gestori dei rifiuti di Italia, in questi giorni riuniti a Napoli. Abbiamo quindi sempre avuto ragione e indirizzato correttamente l’opinione pubblica non solo sulla tragica situazione epidemiologica campana di Terra dei Fuochi, ma soprattutto sulla causa sinora non affrontata di cosi grave danno: la mancata tracciabilità e il corretto smaltimento dei rifiuti speciali, industriali e tossici, non solo di quelli urbani.

La tracciabilità dei rifiuti è stata sempre la richiesta prima che come medici dell’Ambiente di Napoli abbiamo posto sin dall’inizio del nostro impegno a tutela della salute pubblica: dal 20 giugno 2013 a Caivano al ministro Andrea Orlando, poi continuando presso il Parlamento europeo nel luglio 2013, audizioni al Parlamento italiano nel settembre del 2013, e ancora in una serie di articoli di livello nazionale per tutti gli anni a seguire (2013-2018), sino ad arrivare a richiederlo tra i primi punti all’atto dell’insediamento del ministro dell’Ambiente Sergio Costa (2018).

I rifiuti speciali e tossici scorrettamente smaltiti senza tracciabilità alcuna e senza impianti sono un gravissimo vulnus alla salute pubblica, confermato ormai da tutti i dati epidemiologici nazionali e regionali. Gli ultimi dati presentati nei giorni scorsi certificano ad esempio che si muore di meno nei quartieri Fuorigrotta-Bagnolirispetto ai quartieri Miano-Scampia, ma sin dal 2012 i dati prodotti da noi insieme al Comune di Napoli (Angir 2012) certificano in questi quartieri l’eccesso di mesoteliomi (scorretto smaltimento dell’amianto!) e di cancro della vescica (fabbriche “a nero” di scarpe borse e vestiti e scorretto smaltimento di tricloro e tetracloroetilene).

La deprivazione economica nelle nostre terre si accompagna indissolubilmente al degrado ambientale e quindi ci si ammala e si muore di più non solo dove si è più poveri e più giovani, ma persino dove esiste ben il 70% di verde pubblico cittadino che, per degrado, in parte è stato destinato a essere occupato da discariche di rifiuti anche tossici (Chiaiano!) e dai roghi tossici di Terra dei Fuochi con danno certo alla salute pubblica dei cittadini ivi residenti.

La tracciabilità dei rifiuti, pertanto, non è soltanto un necessario strumento per la semplificazione delle attività delle imprese che gestiscono i rifiuti in Italia, ma è il primo baluardo indispensabile, e sinora completamente ignorato, a tutela della salute pubblica, dallo scorretto smaltimento dei rifiuti nelle zone e nei territori più poveri; non solo della Campania, ma dell’intera Italia. E’ ora che si giunga a soluzioni rapide, concrete e semplici non solo per la migliore gestione dei rifiuti, ma soprattutto per la più efficace tutela della salute pubblica. Questa è prevenzione primaria.

Nella fotografia, Dott. Antonio Marfella, Presidente ISDE Napoli

Fonte: Il Fatto Quotidiano on line

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